Albert Borris
Albert Borris ha inseguito leopardi della neve nell'Himalayas, camminato zaino in spalla attraverso le terre ghiaccio, e fatto delle super maratone di pattini in Georgia, ma la sua preferita avventura quotidiana è lavorare con i ragazzi. Albert è un insegnate e consigliere scolastico, si occupa di gruppi di lavoro sulla prevenzione al suicidio, problemi di abuso di droghe, e leadership stabile per i giovani. Vive in New Jersey.
La mia recensione
Il libro attira principalmente per il titolo dato dalla Giunti "Il club dei suicidi" sostituto del titolo originale "Crash into me" che si posiziona come sottotitolo, (tradotto: "Entra nella mia vita"), cambiato molto probabilmente per attrarre più lettori o forse semplicemente per dare maggiore impatto e risalto a un libro Young Adult. Nonostante queste scelte di marketing il libro colpisce profondamente, è raro che un libro per ragazzi osi, come in questo caso, di trattare tematiche scottanti come il suicidio.
Il romanzo si concentra su quattro ragazzi in piena età adolescenziale che prima del rientro per il nuovo anno scolastico partono per uno dei classici road trip americani, solo che questa volta le mete non sono le solite città famose degli States ma bensì le città che hanno l'onore di ospitare nei loro cimiteri personaggi famosi che si sono tolti la vita, fino ad arrivare nella Death Valley in California, capolinea definitivo sia del loro viaggio che della loro vita, infatti arrivati a destinazione il programma prevede di suicidarsi.
Il protagonista è un ragazzo di nome Owen, ed è attraverso il suo punto di vista che il lettore entra in contatto con gli altri ragazzi: Frank, Audrey e Jin-Ae. Ognuno di loro parte per motivi diversi, Owen perché si sente responsabile della morte del fratello maggiore, Frank per non deludere ulteriormente le aspettative del padre di far parte di una squadra di Football, Jin-Ae perché non ha il coraggio di fare outing e Audry, essì Audry ha tanti motivi per suicidarsi: la rottura con il fidanzato, una famiglia violenta, ma come scopriremo a termine del libro ciò che la spinge ad intraprendere questo viaggio è la voglia di non essere sola e di avere al suo fianco degli amici.
Proprio partendo da Audrey i ragazzi, uno alla volta, scopriranno il vero senso della vita, e tra una disavventura e un appuntamento con l'amore troveranno il coraggio di vivere la loro vita e di accettarla così com'è, perché nonostante ci siano tanti motivi per farla finita ci sono almeno dieci buoni motivi per vivere.
Come si può ben capire Audrey è il personaggio più ottimista e propositivo di quelli proposti all'interno del libri, ma il personaggio che più colpisce il lettore è Owen, ragazzo insicuro e taciturno. Questo ragazzino un po nerd e sulle sue è capace di fare riflessioni così profonde da farti assalire dai dubbi tanto è vero nel racconto delle sue esperienze (soprattutto i tentati suicidi) e nelle sue riflessioni.
Il merito per il lavoro svolto sui personaggi è dovuto soprattutto al lavoro quotidiano di Albert Borris come Counselor nelle scuole, infatti, la sua conoscenza dei ragazzi, del loro modo di pensare rende questo libro un'opera estremamente interessante e ben riuscita: i ragazzi e le loro problematiche sono scandite con la stessa verità con la quale sarebbe stato realizzato un documentario.
Il libro ti stupisce più di ogni altra cosa, più della tematica raccontata, per la straordinaria esposizione che si fa dell'accettazione di se stessi. Il club dei suicidi non è solo un Young Adult ma un libro sul lavoro che ognuno di noi fa da adolescente sull'imparare ad amare e lasciarsi amare.
Un particolare che ho amato nel libro erano le varie liste che si susseguivano indicando a volte "I dieci modi più stupidi per suicidarsi", "I dieci luoghi di morte più famosi", "Le dieci cose da ricordare di New York". Da qui l'idea di sviluppare una lista partendo da una presente nel libro: "I dieci posti più belli da visitare che non siano tombe" che è divenuta nel mio caso:
"Le dieci città più belle da visitare"
10- Parigi
9- Londra
8- Tokio
7- Mosca
6- Chicago
5- Las Angeles
4- San Francisco
3- Cuba
2- Pechino
1- New York
Come accennato a inizio post il libro nella sua edizione italiana ha cambiato il titolo ma non solo, infatti, anche la cover è stata sostituita. La maggior parte delle volte che questo succede ci si lamenta per come la cover originale avesse un legame intrinseco con il libro in se e come quella riuscisse a rappresentare al meglio la storia raccontata, ma questo non avviene per Il club dei suicidi perché questa è una delle poche volte in cui la cover nostrana riesce a dare il meglio di se: la macchina d'epoca dalla quale penzolano delle gambe con ai piedi delle converse sullo sfondo di un deserto danno perfettamente l'idea di un road trip come quello che viene vissuto all'interno del libro. Al contrario nella edizione americana, la cover e il titolo danno l'idea, forviante, di un libro d'amore.
- A presto Susi
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