Speciale
Veronica Roth @ Bologna Children's Book Fair
Finalmente oggi sono riuscita a trascrivere la lunghissima conferenza che ha avuto come protagonista Veronica Roth nella sala Notturno alla annuale Fiera per ragazzi di Bologna!
Sono felicissima di aver avuto la fortuna ancora una volta di poter assistere ad un evento di questa portata, non tutti i giorni hai la possibilità di sederti tra giornalisti e critici e fare domande ad un'autrice bestseller!, e di aver avuto anche la faccia tosta di chiedere un autografato e una foto con una delle autrici che nonostante le divergenze che mi hanno portato a non piacere l'ultimo volume mi ha portato ad amare quello che oggi è uno dei miei generi di letteratura preferito, la Distopia, sì perché Allegiant non mi è piaciuto ma ritengo ancora Insurgent un libro stupendo!
- C'è un legame tra la società in cui viviamo oggi e la necessità di scrivere una distopia?
Sì, molto probabilmente l'inizio è stato proprio questo non essere d'accordo con la società odierna e quindi di cercare un'utopia ed in effetti all'inizio era proprio questa l'idea, cercare di creare un mondo in cui tutti avessero un proprio ruolo, ognuno sapeva cosa fare e quindi anche cosa fare per essere migliore poi nel corso della scrittura e del pensiero a questo tema mi sono resa conto che c'era qualcosa di terrificante perché in qualche misura il momento in cui iniziamo a categorizzarci incominciamo anche a porci dei limiti e quindi non ci mettiamo più in discussione come essere umani complessi e quindi da un lato la semplificazione può essere molto comoda molto bella però può diventare molto pericolosa e l'umanità è proprio ciò che viene messo in dubbio in questa categorizzazione così semplice e quindi mi sono resa conto che non è il mio ruolo quello di cercare di dominare e di creare il mondo.
- A questa eroina così intraprendente cosa ha dato di se stessa? In che cosa si identifica con lei?
Molto probabilmente ho meno in comune con Tris di quanto si potrebbe pensare. Innanzitutto non sono né così tosta né così coraggiosa e non sono neanche così impulsiva. Però in lei c'è qualcosa che mi piace e in cui mi riconosco ovvero il fatto di mettersi costantemente in discussione e cercare sempre quale sia il modo più etico per essere, per agire e da questo punto di vista credo che anche mia madre direbbe che in questo le assomiglio.
- In che modo il grandissimo successo dei tuoi libri ha cambiato il tuo modo di scrivere?
In effetti è stata una grande sfida per me adattarmi al fatto di sapere che c'era uno sguardo esterno che mi avrebbe visto e letto. Quando ho iniziato a scrivere Divergent non avevo assolutamente idea che sarei stata pubblicata anzi non credo che sarebbe mai successo e poi ad un certo punto questa cosa è venuta quindi ho dovuto capire come fare a continuare ad essere creativa e rischiare nonostante sapessi che c'era un pubblico che mi guardava e mi ascoltava. Quindi ho cercato di fare questo esercizio su di me proprio di scrittura creativa cercando di non pensare al pubblico altrimenti scrive in maniera poco coraggiosa, piena di paura e ovviamente questo emerge.
Il libro più difficile da scrive è stato Insurgent perchè sapevo già che c'era un pubblico e che c'era molta attenzione e sapevo che sarebbe stato letto e sapevo che ci sarebbero state anche azioni dirette sulla mia persona, quindi sicuramente è stato un grande lavoro quello di modificare il modo di scrivere rispetto allo sguardo esterno ed è un procedimento che mi ha reso senz'altro più coraggiosa.
- In che misura sei stata coinvolta nella realizzazione del film? Com'è stato poi vederlo realizzato, com'è stato vedere sullo schermo qualcosa che aveva immaginato?
Per quanto riguarda l'adattamento cinematografico, soprattutto quando si è ad una prima opera come per Divergent, l'autore non ha moltissima voce in capitolo, infatti, non avevo moltissimo potere di negoziazione. Non sono stata coinvolta profondamente nelle decisioni prese per il film e in realtà per me andava molto bene come situazione nel senso che il mio vero grande amore era la scrittura e non ho mai pensato di occuparmi di cinema direttamente. Spesso davo dei consigli o degli input che a volte venivano accettati altre volte no, ma andava bene così.
Per quando riguarda le mie sensazioni, com'è stato vedere la realizzazione del film devo dire che è stato molto eccitante. Non avevo mai pensato di vedere realizzato qualcosa che ho immaginato. Mi sono accordata di quanta gente e di quanta professionalità occorrono per lavorare ad un prodotto così temporaneo. La bravura degli attori, le persone che contribuiscono a creare i film e naturalmente c'è il lato del cambiamento, quando vedi lati del tuo lavoro modificato. Qui è difficile accettare perché devi lasciare andare delle parti di te e dicci “ma come? Questa parte mi piaceva..” ma si tratta solo di tagliare per ragioni di differente prodotto.
In definitiva credo che la realizzazione dei film dai miei libri sia stata positiva prima di tutto perché ha portato più persone a conoscere il mio lavoro, la mia saga e quindi a parte gli esaltate che scrivono su internet cose brutte e odiose non ci sono stati contraccolpi negativi, è stato tutto molto positivo.
- Rimanendo sempre nel tema della rappresentazione cinematografica e dei cambiamenti apportati ci sono dei cambiamenti che ti sono piaciuti e che avresti voluto inserire nei libri?
Soprattutto nel primo film ho apprezzato moltissimo l'espansione del personaggio di Jeanine e in generale della fazione degli eruditi ai quali effettivamente facevo un pochettino di fatica a dare delle sfumature nella scrittura perché comunque è difficile dire che la super cattiva della saga fa parte della fazione degli intelligenti perché non puoi proprio dire che tutti gli intelligenti sono cattivi e questo aspetto mi metteva un po' a disagio, invece, la resa che è stata data nel film, anche grazie alla interpretazione di Kate Winslet, mi ha restituito delle bellissime sfumature che io stessa non avevo messo all'interno del libro.
Poi ho imparato tecnicamente a vedere come viene tradotto in linguaggio cinematografico un libro quali parta della trama, che magari sono estremamente complesse, avrei potuto evitare per poi dover semplificare in uno stadio successivo di passaggio da libro a film.
È stato molto formativo per me capire come funziona il dialogo tra questi due diversi media e, infine, è stato molto divertente vedere, anche se non lo considererei un miglioramento, come è stato tradotto in maniera molto più futuristica il setting dei film. Questo mi fa però tornare alla mia convinzione che mi piace il modo in cui ho scritto la serie, non così futuristica e che i film e i libri sono due entità separate tra di loro.
- Ha lettori entusiasti in tutto il mondo, che hanno pianto che hanno riso, ma qual è il rapporto con i suoi lettori?
È molto scioccante quando ti si presenta una ragazza o qualcuno che sta piangendo e che è molto emotivo e ti viene da chiederle se va tutto bene ma provo un grandissimo rispetto, un grandissimo affetto nei confronti del pubblico, giovani e meno giovani, e devo dire che ho una preferenza per i giovani perché l'adolescenza è davvero difficilissima, è un'età in cui si viene costantemente sminuiti, molto spesso non solo dalle persone che ti circondano ma anche dai media, e questa rappresentazione che li dipinge come sciocchi ed inutili avviene soprattutto nei confronti delle giovani donne e questa è una cosa che mi fa assolutamente arrabbiare e per questo che divento molto protettiva verso questa categoria di fan.
Il mio rapporto con i fan e con le persone che leggono i miei libri è quello di onestà, onestà nella scrittura e onestà nel momento in cui li incontro, e di rispetto.
Vengo costantemente sorpresa da tutte le persone che incontro, spesso negli USA, che arrivano da ogni stato e di come soprattutto le ragazze possano essere totalmente selvagge e urlanti per gli 1D e un momento dopo ti dicono qualcosa di super profondo e trovo che questa sia una metafora molto bella della molteplicità di aspetti che ognuno di noi possiede: si può essere assolutamente selvaggi e assolutamente saggi.
- Hai iniziato a scrivere Divergent quando era ancora al college. Com'è diventata il grande successo che è oggi? Come ha trovato un editore?
Stavo per iniziare l'ultimo anno di università e ho tentato di procurarmi un agente perché avevo un manoscritto e sapevo che se il mio obiettivo era quello di essere pubblicata da una grande casa editrice dovevo trovare un agente, ma il manoscritto era pessimo. Poi ho scritto Divergent e la mia agente, dopo molte riscritture e un lungo lavoro di editing è riuscita a portarlo ad un editore e da qui è successo tutto molto in fretta, probabilmente perché era il momento giusto, stava esplodendo il fenomeno Hunger Games e il genere Distopico era uno dei più richiesti del momento e molto rapidamente siamo passati dalla scrittura di Divergent alla sua pubblicazione. Ma non nego come prima però ci siano stati molti fallimenti solo che proabilmente sono arrivati in un'età più precoce rispetto ad altri scrittori.
- Una frase una citazione che ispiri ad essere coraggiosi per chi ancora non ha avuto modo di leggere i suoi libri?
Non sono molto brava nel citare un frase precisa però se devo scegliere una citazione scelgo una frase dall'ultimo libro Allegiant:
“We can be mended. We mend each other.”
“Ognuno di noi può guarire. Possiamo guarirci a vicenda.”
Questo perché molto spesso durante l'adolescenza ci si sente incompleti, inadeguati, e invece, bisogna sempre ricordarsi che è sempre possibile grazie alla compassione, gentilezza degli altri poterne venire fuori e quindi superare questo periodo difficile.
- Qual è stata la scintilla che ha fatto scaturire in lei l'idea per i libri?
La scintilla è nata semplicemente dallo stare attenta in classi, e questo è anche uno dei motivi per i quali dico ai ragazzi di prestare attenzione a scuola. Stavo frequentando una classe di psicologia e stavamo parlando di alcuni tipi di terapie e in particolare di superare alcuni tipi di ansia e fobia venendo sottoposte alle stesse in un ambiente protetto ripetutamente. Io stesso mi sono sottoposta ad un esperimento del genere e posso confermare l'esito positivo anche se è terrificante il momento in cui lo fai ma funziona.
Questa idea mi è rimasta dentro e mi stuzzicava la possibilità di applicarla in uno scenario di fantascienza, che in effetti era l'ambito in cui volevo concentrarmi con la scrittura.
Da qui è scaturita l'idea della simulazione degli Intrepidi che fondamentalmente ti mette di fronte a tutte le tue paure ma in un ambiente controllato perché di fatti tutto avviene all'interno della tua mente.
Avevo in mente questa sorta di simulazione di ansie e paure, non sapevo ancora come si sarebbe sviluppato poi il tutto ma è lì che è nato Divergent.
- Nel mondo ci sono persone che amano i tuoi personaggi, che li odiano, che gli vogliono bene. Pensi che siano loro ad avere sentimenti più forti verso i tuoi personaggi o tu?
Non lo so effettivamente. Io ho vissuto con questi personaggi 24 ore al giorno tutti i giorni per molti anni e li amo profondamente, li conosco profondamente anche se so che sono finti. Dall'altra parte so che come scrittrice non può esistere una storia senza conflitto e che quindi devo mettere alla prova, mettere in difficoltà questi personaggi che amo così tanto. Quindi allo stesso tempo devo essere profondamente vicina ai miei personaggi e amarli ma anche essere distaccata. In questi termini non so dire se sono io ad essere che li amo di più o se sono i miei lettori. Sicuramente i lettori hanno un attaccamento emotivo molto forte verso i personaggi però il tipo di attaccamento che ho io è solo mio ma è difficile valutare e giudicare il livello d'amore degli altri.
- Nei ringraziamenti al primo libro compare “Grazie Dio e a tuo figlio per avermi benedetto oltre ogni umani comprensione”. Come ha influito la tua spiritualità sulla tua scrittura?
Nei ringraziamenti ho cercato di essere il più vera possibile e mi sono resa conto che dovevo riconoscere che un lavoro del genere non sarebbe mai potuto esistere senza l'aiuto di tantissime persone e volevo rendere grazie all'enorme privilegio che mi è stato concesso nel creare tutto questo e non ho voluto nascondere anche il mio ringraziamento a Dio perché credo profondamente e volevo essere onesta anche in questo caso.
Il mio rapporto con la spiritualità è una cosa molto privata perché ritengo che con i giovani non sia giusto fare prediche o sermoni. I giovani vengono costantemente bombardati di consigli e non è mia abitudine quella di spingere le mie idee personali sui lettori.
I miei personaggi, come i miei lettori più giovani si trovano sempre in questa fase della vita e a porsi domande sulla spiritualità e l'esistenza di un potere superiore e credo che questa sia la cosa fondamentalmente, che i giovani si pongano delle domande.
Rispondendo alla domanda sulla spiritualità, per me esiste, c'è ma non intendo spingere il mio credo sugli altri.
- Quando ha scritto l'ultimo libro aveva già in mente il finale o è stata una decisione presa in corso d'opera?
Grazie per non aver spoilerato il finale! Ho fatto un piano ben strutturato di tutti e tre i libri già dopo la primissima stesura di Divergent, l'ho comunicato alla mia editrice la quale mi ha detto di non comunicarlo a nessuno perché chiaramente le cose possono cambiare, si possono modificare in corso d'opera.
In realtà io col finale non intendevo scioccare nessuno, ma mi sono sbaglia profondamente. Diciamo che Tris in tutti e tre i libri tenta di entrare fortemente in relazione al concetto di abnegazione, ovvero il messaggio che le è stato impartito dai suoi genitori e spero di essere riuscita con l'ultimo libro, creando un gioco di simmetria e richiamo con i genitori nel primo libro e con la protagonista nell'ultimo.
Avevo un'idea molto precisa, l'opera si è modificata perché i personaggi mi hanno portata altrove ma come dicevo all'inizio dell'intervista ho tentato di scrivere sempre in maniera coraggiosa.
- Pianificare in anticipo come influenza la tua scrittura? Plotting vs. Evolving
In realtà ho imparato che la pianificazione ci deve essere e deve esserci molta di più rispetto a quanta ne avessi fatta io all'inizio. Io avevo fatto una bozza, uno schema abbastanza preciso dei protagonisti dal punto di vista emotivo, mentre non molta per gli scenari e man mano mi sono resa conto di creare scenari sempre più complessi e che ad un certo punto mi sono ritrovato in un punto morto dove sottoponevo il lettore ad una quantità d'informazione pazzesca che spero di essere riuscita a presentare in maniera buona anche se non nego che è stato molto complicato.
Ora, grazie a quest'esperienza so che la pianificazione deve essere molto più precisa soprattutto per quanto riguarda la preparazione di mondi paralleli, mondi che si sovrappongono.
Quando avevo scritto la prima bozza di Divergent non avevo minimamente una pianificare, anzi pensavo che una pianificazione rigida della scrittura potesse togliere meraviglia, stupore, mentre ora so per esperienza che non è così, anche una pianificazione molto strutturata lascia ampio margine alla creatività e alla voglia di scoprire.
- Hai in cantiere qualcosa di totalmente nuovo ho pensi di esplorare ancora il mondo di Divergent?
Sto scrivendo qualcosa di completamente nuovo. Amo moltissimo i libri della serie Divergent ma la ritengo conclusa. È arrivata l'ora per me di esplorare nuovi personaggi e nuovi mondi.
Sto scrivendo una duologia ambientati nello spazio. È la storia di due fratelli di cui uno viene rapito e l'altro fratello per riuscire a salvarlo deve allearsi con un dittatore di un altro mondo.
Sono estremamente felice di essere passato ad altro, vorrei espandere i miei mondi e la mia scrittura, soprattutto quando documentarmi significa poter guardare Star Wars.
Il libro non ha ancora un titolo ufficiale o una data ma uscirà l'anno prossima negli States.
- Hai dei consigli per giovani scrittori?
Il primo consiglio, che può sembrare molto banale, è quello di scrivere, scrivere tantissimo, scrivere quanto più si può perché ogni scrittore che ha un blocco sa che si darebbe qualsiasi cosa pur di scrivere. Quindi scrivete quando vi sentite scoraggiati, anche quando la vita vi mette i bastoni tra le ruote, scrivere anche quando magari si viene criticati.
Inoltre credo che la scrittura, soprattutto per i giovani nei momenti di difficoltà, sia un ottima bussola per mantenere la propria strada.
In più è importante trovare qualcuno in grado di dare dei feedback onesti, ma che sappia farlo in modo gentile e non crudele, e saper accettare i commenti qualsiasi essi siano.
- Creare nuovi mondi con la tua scrittura pensi sia un'esigenza nell'elaborare qualcosa di te?
Probabilmente sì, è una mia necessità. Ho sempre scritto da quando avevo 11 anni e questo fattore risultava molto bizzarro nella mia famiglia, non risultava essere una cosa comune, ora ci hanno fatto l'abitudine, però come molti scrittori mi sono resa conta di comunicare molto meglio utilizzando la parola scritta, anche verso me stesso, riuscivo a comprendermi e a conoscermi, quindi sicuramente è stato un modo per esplorarmi.
Infine devo dire che la scrittura è stata l'unica cosa in cui sono mai stata brava. Ho provato a fare volley, ma non sono brava, non ho hobby, sono una persona che scrive e basta.
L'ho trovata non la solita conferenza, domande interessanti (due delle quali mie - quella sui cambiamenti apportati al film che le sono piaciuti, e quella sulla pianificazione del finale) in più lei diversamente da come si potrebbe pensare è una persona molto simpatica, divertente ed estremamente gentile tanto che è stata carinissima da fare foto e autografare alcuni dei nostri libri!
Un'esperienza che ricorderò per sempre! Grazie alla De Agostini per aver portato in Italia una scrittrice fantastica!
- A presto Susi
Davvero una bella intervista, costruttiva e che mi ha fatto conoscere meglio la Roth... Ho imparato cose su di lei come scrittrice e persona :-)
RispondiEliminaGrazie Susi per la trasposizione! Io ho avuto modo di scambiare solo due parole durante il firmacopie ma mi è sembrata davvero molto carina <3
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